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S. B. II. S. 23. Die zu Venedig, 1757, in zwei Duodezbånden, gedruckte Ausgabe seiner Rime enthält, außer denen von seiner Gattin, Fausting Maratti, noch viele, zum Theil schöne, kleine Gedichte andrer berühmter Mitglieder der arkadischen Gesellschaft.

I.

CANZONETTA.

Zappi.

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Già ch' ei fen gio

Fuor del mio feno

Sapelli almeno ora dov' é, che fà!

Ne chiedo al rio,

Ne chiedo al fonte,

Al piano, al monte, e nulla parte il fà.

Ninfe e Paftori,

Che qui fedete,

Voi lo fapete, lo mio cor com'è;
Cinto d' ardori,

Pieno di fede,

Deh chi lo vede, lo riporti a me!

Me

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Gelfomini, onor di Flora,
Io vi veggio affai faftofi,
Tutti lieti, e baldanzofi,
Sol perchè di voi s'infiora,
E di voi s' imperla il feno
Amarilli, onor del Reno.

Gelfomini orgogliofetti,

Pur è forza, ch' io ve 'l dica:
V'era meglio in piaggia aprica
Star tra l'erbe, e trai fioretti:
Che tra l'altre erbette belle
Ben fembrate tante ftelle.

Ma in venir fotto a quel volto,
E pofando in sì bel petto,
Dove Amor per fuo diletto
Ogni bello ha infieme accolto,
Voi perdefte il voftr' onore
Nella gara del candore.

V'era meglio il fare adorno

In full' ara un Idol muto:

Voi avreste almen viffuto

Più d'un alba, e più d'un giorno:
Or venifte a lei d'avante

Per disfarvi in un iftante.

Già vi fcorgo a poco a poco
Farvi languidi, e men belli,
Suenturati, mefchinelli!

Troppo ardore, e troppo foco
Verfa giù dalle pupille.
La belliffima Amarille.

Chiefto avefte a me configlio,
Non andate, v'avrei detto,
Tra le nevi di quel petto,
Sotto i lampi di quel ciglio;
Non è fen da lufingarfi,
Non fon occhi da fidarfi.

Non è fen da lufingarfi,

V'avrei detto, perderete,
V'avrei detto, languirete,
Non fon occhi da fidarfi,
Troppo prefto, o femplicetti,
Languirete al fuol negletti.

Or vi veggio, e ogn' un vi vede,
Qual cadere a lei ful grembo,
Qual ful manto, e qual ful lembo,
Tutti alfin caderle al piede;
Perchè il piè vi fani, e tocchi
Si mal conci da begl' occhi.

Gelfomini orgogliofetti,

Quel ch' avvien, ch' io di voi canti,
Pur lo dico a i cuori amanti;

Cuori amanti femplicetti,

Non è fen da lufingarfi,
Non fon occhi da fidarfi.

Zappi.

3.

Dolce udir full' erba affifo,
Paftorello e Paftorella,
Dice Clori al fuo Dalifo,

Son

Zappi. {Niaffei.

Son pur bei del prato i fiori.
E Dalifo dice a Clori:

Son più bei quei del tuo vifo,
Clori bella,

Amor con me, con noi
Partire i pregi fuoi
Si prefe giuoco.
A voi die lo fplendor,
A me tutto l'ardor
Del fuo bel foco.

Maffei.

Der Marchese Scipioni Nîaffei, aus Verona gebür tig, ist als einer der gründlichsten und geschmackvollsten Gelehrten Italiens bekannt, und als Dichter hat ihn sein Trauerspiel, Merope, am meisten berühmt gemacht. Unter feinen Rime e Profe, Ven. 1719. 4. ftehen S. 106 108. drei Canzonette a Tavola, dergleichen die Italiåner viele haben, die sie auch oft, wie die ausgebrachten Gesundheis ten, bei denen fie gesungen werden, Brindisi nennen. Eine Nachahmung des folgenden, an heiterm, jovialischem Muthe reichen, Trinkliedes findet man, mit beigedrucktem Origis nale, unter Schiebeler's Gedichten, S. 155.

CANZONE.

Amici, amici, è in tavola:

Lafciate tante chiacchere!
Tutti i penfier sen vadano,
Sen vadan via di quà:
Che'l cielo fia fereno
Che fia di nubi pieno,
Buon tempo qui sarà.

Quand'

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